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Pirozzi e la giornalista. Lezioni sistemiche, di Appreciative Inquiry e di futuro da Amatrice

Pirozzi e la giornalista. Lezioni sistemiche, di Appreciative Inquiry e di futuro da Amatrice

Rino Panetti

Agosto 24th, 2017

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pirozzi amatrice24 agosto 2017, un anno dopo il terremoto di Amatrice.
La radio che mi accompagna a lavoro non fa che ricordarmelo. Giustamente.
Sono passate da poco le 08:30. La giornalista di RadioUno Rai (mai capito come si scrive correttamente, quali parole vanno staccate, quali no; quali maiuscole, quali no) sta intervistando Sergio Pirozzi, il sindaco di Amatrice.
Avverto subito qualcosa di diverso: se fino ad allora dai giornalisti e dalle interviste era arrivata soprattutto la litania di cosa non ha funzionato, dei ritardi, del futuro grigio, dell’abbandono di terre, il sindaco di Amatrice – proprio lui, possibile? – sembra cambiare registro (il dialogo che segue non è letterale, ma così come l’ho trascritto subito dopo essermi fermato con l’auto, per non lasciar dissolvere nell’etere quanto appena ascoltato):


pirozzi food“Alcune attività hanno ripreso… l’area agro-alimentare [finalmente qualcuno che non la chiama “food”] sta andando bene… gli impianti sportivi stanno ripartendo grazie al contributo di Malagò e altri… il cinema idem, anch’esso grazie a importanti aiuti… l’ospedale tornerà grazie alla Merkel, ed a settembre sarò da lei…”
La giornalista però non molla: “Però c’è anche l’abbandono delle terre..”
Pirozzi la copre: “Nessuno di noi ha abbandonato…”
La giornalista prova ancora: “Ma bisogna comunque denunciare i ritardi…noi lo facciamo proprio per Amatrice…”
Pirozzi: “Lei non si preoccupi, so io come farmi valere su questi ritardi (indubbi in alcuni casi), a chi rivolgermi e come. Ma non mi sta bene questo atteggiamento patetico e lamentoso”.

Ancora altre battute, Pirozzi ricorda il suo passato da allenatore. Altre battute. Saluti finali.
Fermo l’auto: avverte l’urgente bisogno  di trascrivere quell’intervista.
pirozzi art ofSì, perché ciò a cui ho assistito è un magnifico esempio di Appreciative Inquiry (A.I.).
Cosa è l’A.I.? E’ una delle “metodologie” utilizzate per generare cambiamenti e innovazioni profondi in sistemi (quali territori, organizzazioni, ecc.) caratterizzati da particolare complessità.
L’A.I. appartiene a quel gruppo di metodologie che rientrano nella cosiddetta “Art of Hosting” (alcune delle altre tra le più note sono: il Circle, il World Café, l’Open Space Technology). Vediamo brevissimamente le sue caratteristiche essenziali e godiamo nel riflettere come siano sapientemente usate da Sergio Pirozzi.

pirozzi 4D x AIL’Appreciative Inquiry:
Spesso nelle analisi di una situazione si inizia da ciò che non va, che non funziona. Invece, l’Appreciative Inquiry suggerisce di fare il contrario.
E’ un processo positivo di cambiamento che parte dal presupposto che possiamo imparare meglio da ciò che funziona o ha funzionato in passato.
Ecco le sue otto assunzioni di base:

  • In ogni società, organizzazione o gruppo, c’è qualcosa che funziona.
  • Ciò su cui ci focalizziamo diviene la nostra realtà.
  • La realtà è creata nel momento, e ci sono più realtà.
  • Le domande che si pongono influenzano il gruppo.
  • Le persone provano più fiducia e comfort nel viaggiare nel futuro (l’ignoto) quando portano con loro parti del passato (il noto).
  • Se portiamo con noi parti del passato, dovrebbe essere il meglio del passato.
  • E’ importante valutare e comprendere le differenze.
  • Il linguaggio che usiamo crea la nostra realtà (*)

Il suo sapiente uso, combinato con le altre metodologie per l’innovazione profonda, è particolarmente utile, per non commettere errori nella transizione in fasi di cambiamento e di fronte a sfide alte.

Sergio Pirozzi, l’Appreciative Inquiry, il futuro, lo sguardo sistemico e il problem solving
pirozzi2Il sindaco di Amatrice impersona benissimo questa metodologia e il suo uso.
Non solo naturalmente nel corso dell’intervista prima ricordata ma durante l’intero anno trascorso dalla prima orribile scossa.
Questo vuol dunque dire che non bisogna parlare dei problemi, che bisogna mettere la testa sotto la sabbia?
Tutt’altro. La domanda che dobbiamo però porci è: siamo sicuri di porre nel corretto modo i problemi che abbiamo a cuore di risolvere? Spesso, le buone intenzioni fanno danni enormi, se non supportate da specifici e collaudati approcci.
Di fronte alle questioni da affrontare, possiamo dire che l’AI per certi versi segua un procedimento opposto (o quasi) rispetto al problem solving.
Sergio Pirozzi ha capito (anche solo in modo intuitivo) che il “sistema” nel quale è immerso (il suo territorio, fatto di: cittadini senza casa e senza lavoro, altri con casa e/o lavoro, autorità, enti, politici, allevatori, lobbies, imprese, giovani, agricoltori ecc. ecc.) necessita di approcci “sistemici”.
Fare sistema non significa solo trovare soluzioni legislative, tecniche e infrastrutturali sistemiche (che in realtà sistemiche non saranno mai), bensì includere nel sistema anche la dimensione umana, di visione, emotiva e emozionale, “spirituale” (intesa quest’ultima come capacità di ciascuno di noi e di una collettività di connettersi alle proprie più alte, future potenzialità).
Costruire il futuro non è un semplice puzzle tecnico, architettonico e legislativo.

muliniCon un sorriso possiamo dunque dire: fortunatamente Amatrice non ha un sindaco giornalista o un politico/tecnico puro.
Un leader non può limitarsi a gestire il cambiamento né guidarlo. Deve ISPIRARE il cambiamento!
Un tale leader saprà e dovrà ovviamente poi scegliere e avvalersi di tecnici e esperti (nei vari campi) di adeguato livello…ma senza quella capacità di ispirare il cambiamento non ci potrà essere vera trasformazione.
Questa è l’essenza della leadership evolutiva.

Rino Panetti

 

(*) tratto da Theory U, Learning Organizations e Design Thinking. Strategie, strumenti e tecniche per l’innovazione profonda, R. Panetti, FrancoAngeli, 2017

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